giovedì 1 dicembre 2011

La Fondazione Magnani Rocca (di C. Nicosia)


A Mamiano di Traversetolo, nella verde campagna che da Parma comincia a salire verso l’Appennino tosco-emiliano, una bella villa ospita la fondazione Magnani Rocca che amministra una tra le più cospicue collezioni private italiane d’arte. La villa attuale è frutto del progetto dell’architetto milanese Antonio Citterio che, ancora legato agli stilemi dell’eclettismo ottocentesco, nei primi anni del novecento si ispirò al barocchetto lombardo. Nel rinascimento, il feudo di Mamiano era stato assegnato dall’imperatore ai conti Rossi di San Secondo. Quando poi, nel 1545, papa Paolo III creò il ducato di Parma e Piacenza per il nipote Pier Luigi Farnese, Mamiano passò agli Sforza di Santafiora, parenti del nuovo signore. Furono proprio gli Sforza a costruire una prima residenza nel feudo, verso la fine del seicento. All’inizio dell’ottocento la tenuta di Mamiano fu acquistata dai forlivesi marchesi Paolucci che ampliarono il preesistente casino di campagna, lo circondarono con un magnifico parco all’italiana e impiantarono un allevamento bovino che produceva n pregiato cacio vaccino. La villa era diventata il centro della gestione di una ricca azienda agricola. Nel 1879 la tenuta passò al piemontese conte Zileri Dal Verme a cui si deve la trasformazione del giardino. Non più regolare, geometrico, organizzato all’italiana, diviene fantasioso e pittoresco all’inglese. In quella occasione vengono impiantati alberi secolari, faggi sequoie cedri del Libano, ancor oggi vivi e vegeti. L’erede, Enrico Zileri Dal Verme, decise di rifare la villa, di ingrandirla, e affidò l’incarico a Citterio, allievo di Camillo Boito. I lavori furono completati nel 1904 e, al termine, la villa presentava un aspetto molto simile a quello attuale: un edificio neorococò, circondata da un parco all’inglese in una azienda emiliana agroalimentare. Nel 1941, alla morte dell’ultimo Zileri, la tenuta fu acquistata da Giuseppe Magnani, industriale agroalimentare, produttore di buon culatello e di formaggio parmigiano doc.
La villa è appartenuta ai Magnani fino al 1984. La famiglia si è estinta in quell’anno con la morte di Luigi Magnani che non lasciava eredi. A lui si deve l’iniziativa della creazione di una fondazione che offre al pubblico gradimento le opere d’arte della collezione e si autofinanzia con i proventi dell’azienda ancora in attività. Luigi Magnani era uomo di vasta cultura e di sconfinati interessi. Chiamato all’università di Roma, vi tenne per tredici anni un corso di storia dell’arte centrato sulla miniatura medievale di cui era profondo conoscitore. Era anche un fine musicologo. Educato da giovane alla musica, suonava il piano e si era dedicato alla composizione di partiture sinfoniche. Per qualche anno ha insegnato storia della musica all’università di Lecce. I suoi studi di storico della musica si sono concentrati su Beethoven al quale ha dedicato tre saggi. Negli anni quaranta aveva cominciato a frequentare Giorgio Morandi e a collezionare suoi dipinti. Alla fine aveva messo insieme una cinquantina di pezzi, una raccolta che non ha niente da invidiare al museo Morandi di Bologna. Nel 1982 ha visto la luce presso Einaudi Il mio Morandi, una delle migliori monografie sul pittore bolognese. Specialista di letteratura francese moderna, ha pubblicato studi su Stendhal e su Marcel Proust. Era, si potrebbe dire con gioco di parole, un uomo DAMS, vale a dire Dotto in Arte Musica Spettacolo.
Il primo nucleo della raccolta era stato messo insieme dai genitori, ma è stato Luigi Magnani, con il suo gusto sicuro per il bello e con l’aiuto di esperti consiglieri, ad arricchirla con pezzi di inestimabile valore. Alcuni suoi acquisti sul mercato dell’arte sono capolavori di collezionismo, che permettono ai visitatori della fondazione di ammirare il più bel Goya fuori della Spagna (Ritratto della famiglia di don Luis de Borbòn), oppure un Tiziano o un Füssli o un Dürer o un van Dyck che non sfigurerebbero nei maggiori musei pubblici del mondo. Anche la raccolta di arte contemporanea è di eccezionale valore con Cézanne, Monet, Renoir tra gli stranieri e De Pisis, Severini, De Chirico, Burri tra gli italiani. Per mettere insieme una raccolta che in Italia non ha eguali si era avvalso dei consigli dei maggiori storici dell’arte, italiani e no. Lo avevano assistito Longhi e Arcangeli, Briganti e Chastel, Brandi e Pope Hennessy, Emiliani e Zeri. Il primo acquisto risale al 1943 ed è la Sacra famiglia con quattro angeli, di Pietro di Francesco Orioli. Il suo fiuto di collezionista si era presto affinato. Nel 1962 aveva comprato una Sacra conversazione di Tiziano, nel 1968 la Madonna con il bambino di Dürer, nel 1974 la Famiglia dell’infante don Luis. Ma anche la parte dedicata alla contemporaneità è ricca e di grande qualità. I collezionisti in genere formano blocchi omogenei, circoscrivono le loro scelte a un periodo storico, a un genere artistico, a un solo artista. Qualche esempio: Marzotto che comprava pittura italiana dell’ottocento, Molinari Pradelli specialista di nature morte secentesche, Gori che ha circondato di scultura contemporanea la sua villa vicino a Prato. Il criterio che ha sovrinteso alle scelte dei Magnani, sia dei genitori che del figlio, è stato quello della qualità delle opere a prescindere dall’epoca dell’esecuzione e dall’autore. È questo il filo che lega una collezione che spazia dalle icone bizantine sino ai Sacchi di Alberto Burri e che non presenta soltanto dipinti e sculture ma anche oggetti di arredamento. Alcuni mobili, i flambeaux di Thomire, le consolle di Jacob Desmalter sono capolavori assoluti dello stile impero il cui equivalente può vedersi solo nei musei parigini o nella Malmaison che Napoleone regalò a Giuseppina Beauharnais dopo averla ripudiata.
Lasciato nel 1976 l’insegnamento, Luigi Magnani si era ritirato a Mamiano e si era concentrato sulla collezione d’arte. Già qualche anno prima aveva affidato all’architetto bolognese Leone Pancaldi l’incarico di predisporre la villa a luogo espositivo. Nel 1977, a ricordo dei genitori, aveva voluto istituire la fondazione Magnani Rocca, con i cognomi del padre e della madre. Alla sua morte, nel 1984, azienda, villa, collezione, sono rimaste alla fondazione che, dopo alcuni lavori di sistemazione del complesso, nel 1990 ha aperto i battenti al pubblico.   


1 commento:

  1. E' proprio vero che la fondazione Magnani Rocca è ricca e raffinata.
    Mi ha colpito, nella storia della fondazione, il rapporto tra la famiglia Magnani, originariamente di industriali alimentari, e la collezione d'arte.
    Certo, ci possono essere diversi motivi per collezionare arte, ed uno di questi sarà sicuramente il motivo venale.
    Mi pare però che forse, poi, qualche membro della famiglia abbia arricchito la collezione per finalità non solo economiche, ma anche per soddisfare il proprio gusto e la ricerca di bellezza e di cultura: chissà se è davvero così? Mi piace pensarlo: quando visitai la collezione, diversi anni fa, di fronte a pezzi davvero notevolissimi, non riuscivo ad immaginare come una persona potesse vivere in quella villa, insieme a cose così belle, senza rimanerne profondamente segnata.

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