mercoledì 25 settembre 2013

"La primavera Romana"


17 maggio 2013 
A casa di Angela e Maurizio – Amadori Reggià:  
Anna e Cochi  ci intratterranno  in una serata dal titolo “Primavera romana”, titolo provvisorio che potrebbe essere anche “Roma, dalla dolce vita al delitto Moro”.

Testo suggerito ai soci è: Sandra Patrignani, Addio a Roma, Neri Pozza editore.

mercoledì 1 maggio 2013

13 e 14 aprile 2013 – Circolo Blablabla in gita - VICENZA E IL PALLADIO Diario


Sabato 13 aprile 2013 ore 08.00, ritrovo come al solito in quel del Largo Lercaro, zona “Dagnini”  e partenza con un lieve ritardo . Una ultima defezione  fa sì che all’appello rispondano  16 Blablablisti.
Il nostro autista, anche stavolta dell’Autotrasporti Luigi Lenzi di Porretta, quella del mitico Inglisc per intenderci, andato in pensione per noi inopinatamente, si chiama Nikolayev. E’ Moldavo, due lauree, ex ufficiale dell’esercito dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche .
Come sempre bisogna pagare un certo “prezzo” con gli autisti “nuovi” e difatti il primo costo è che, essendo egli  “preparatosi” la gita sulla carta, avendo assunto informazioni da colleghi, ci lascia a 3/4 fermate di bus dal centro città in quanto, asserisce, nel centro di Vicenza è tutto pedonalizzato e non ci si può arrivare con il bus. Da sottolineare che il bus, più che un bus, è un pulmino.  Preso allora l’autobus di linea nei pressi dello stadio, della “municipalizzate” di Vicenza, arriviamo ai bordi del centro storico della città e notiamo subito che il traffico veicolare è regolare, senza nessun divieto. I GRRR…e gli acc… si sprecano tra le fila.
Dopo una breve introduzione di Cochi di fronte al bellissimo  Palazzo Chiericati, attuale sede del Museo Civico,  su quello che vedremo durante la nostra passeggiata,  entriamo nel complesso del “Teatro Olimpico”. La visita è abbastanza rapida, ma altri palazzi, piazze e “corti” ci attendono in questa splendida giornata di finalmente primavera. Arriviamo cosi al cospetto della “Basilica Palladiana” in Piazza dei Signori, con la loggia del Capitaniato a fronte. Poi via di nuovo verso altri palazzi e oltre: p. Thiene, p. Iseppo da Porto.
L’appetito ci coglie verso l’ora giusta, per cui, preso posto al “Bar della Borsa”, sito sotto il porticato della “Basilica”, sparpagliata in più tavoli, la comitiva trova il modo di riposare l’appetito e placare le membra.
Le storie dei palazzi palladiani,  delle serliane… proseguono nel pomeriggio e sono ormai le 17 quando decidiamo di chiamare il nostro autista per farci venire a prendere, senza se e senza ma,  ai bordi del centro storico, dopo averlo rassicurato sull’assenza di divieti e interdizioni.
Prendiamo così le strade che portano alla collina, per arrivare in poco tempo all’Agriturismo Crichelon -  Loc. Valmarana , che ci ospiterà sia per la cena che per la notte.
La cena non è male,  servita “alla carta”, con piatti tipici, baccalà alla Vicentina, risotti agli asparagi “albini” e ottima carne ai ferri, argentina, appunto(?). Il locale è esaurito in ogni ordine di posto, con circa “2000” coperti immaginiamo,  ma l’attesa tra una portata e l’altra è mitigata ottimamente dalle chiacchere in compagnia.
Domenica 14 Aprile, altra giornata di splendente primavera. Sbrigate le pratiche della colazione e del saldo Hotel, dopo un Summit in veranda vista colli e monti, con Cochi che ci anticipa la mattinata che verrà, ci dirigiamo verso la “Rotonda” del Palladio e dove arriviamo dopo una ventina di minuti di comoda strada. La comitiva si disperde in un tripudio di clic nel parco antistante la villa per ritrovarsi poi subito dopo attorno al nostro Cochi per le nozioni di architettura di rito. Anche la foto di gruppo è di rito. Poi la comitiva, imboccato un viottolo di campagna poco distante, arriva alla Villa Valmarana, splendida anch’essa nel suo stile palladiano e arricchita dai magnifici affreschi dei Tiepoli. Alle 13 siamo alla trattoria del Leoncino sulla strada per Verona  dove la storia racconta di favolosi bolliti serviti anche all’esercito austriaco, quello di Radetzky,  e  dove ci accomodiamo anche noi per un altro pasto lucullian-vicentino. Sono circa le 15.30 quando riprendiamo l’autostrada di casa.

domenica 28 aprile 2013

Domenica 14 Aprile 2013

Villa la Rotonda: Foto di gruppo

Andrea Palladio: Retro...spettiva(?)
 Villa la Rotonda


13 – 14 APRILE 2013    -      VICENZA E IL PALLADIO  (di Cochi Nicosia) 

Il teatro Olimpico di Vicenza è l’ultimo progetto di Palladio morto nell’agosto del 1580, poco dopo l’inizio dei lavori. La commissione gli era stata assegnata dall’Accademia Olimpica, nata nel 1555. Molte di queste istituzioni sviluppatesi in quel secolo erano circoli esclusivi di nobili, ma l’accademia vicentina era stata creata dai ventuno soci fondatori con intenti culturali d’ampio raggio, aperta anche agli artisti più rappresentativi della città, tra cui appunto Palladio. Cinque o sei anni dopo la fondazione, al socio Palladio fu chiesto di progettare un «teatro di legname simile a quello degli antichi romani» da sistemare nel grande salone quattrocentesco della vecchia basilica tardogotica che, in quegli anni, lo stesso Palladio stava rivestendo con uno splendido involucro classico. Completato nel 1561, il teatro presentò nei giorni di carnevale una commedia di un autore contemporaneo, l’Amor costante di Alessandro Piccolomini, e l’anno dopo, sempre durante le festività carnascialesche, la tragedia Sofonisba di Trissino. Nella preparazione del progetto, Palladio si era documentato con la lettura del testo di Vitruvio e con lo studio dei resti di teatri antichi a Roma, a Verona e anche a Vicenza dove, a poche centinaia di metri della basilica, al di là del fiume Retrone, ancora si potevano vedere i ruderi del teatro di Berga. Testimonianza delle radici romane di Vicenza che era attraversata dalla via consolare Postumia che, da Genova portava a Vienna. E l’attuale corso Palladio è un segmento dell’antica via romana. 

     Dopo quelle due esecuzioni, per una ventina d’anni il teatro della basilica rimase inattivo, non si organizzarono altri spettacoli. Nel 1579 gli accademici Olimpici progettarono di ridare vita all’attività teatrale. La vecchia sala della Basilica era risultata inadeguata all’afflusso degli spettatori All’inizio del 1580, si chiese al maggior consiglio cittadino la concessione di un’area edificabile nel cosiddetto Territorio, una zona un tempo occupata dal castello dei Carraresi, signori di Vicenza per quasi un secolo. Nel terreno prescelto sorgevano le prigioni vecchie dei Carraresi. Nella richiesta si precisava che in quel luogo «ha da essere l’habitatione dell’Accademia et insieme teatro e scena per pubblici spettacoli». Una sede per l’istituzione, quindi, con annessa sala per spettacoli. A richiesta, in quattro e quattr’otto Palladio presentò un progetto per il teatro. Non fece molta fatica poiché da lungo tempo lavorava sul tema di uno spazio adibito a pubblici spettacoli, sul modello degli antichi teatri romani. Gli accademici non furono da meno, misero subito in cantiere la rappresentazione di una favola pastorale e cominciarono ad assoldare gli attori. Entusiasti della proposta di Palladio di adornare l’interno della sala con i loro ritratti, gli accademici si preoccuparono di trovare gli scultori e di pagarli. Ma, a lavori appena iniziati, il 19 agosto Palladio morì.

     A questo punto entra in scena, è il caso di dire, Vincenzo Scamozzi. Ventottenne ambizioso, allievo del padre ebanista che si dilettava di architettura, Scamozzi aveva già dato prova del suo ingegno con la realizzazione a Lonigo della Rocca dei Pisani, una villa modellata sulla Rotonda di Palladio. Aveva poi intrapreso un lungo viaggio di studio a Roma e a Napoli. Rientrato a Vicenza, aveva raccolto l’eredità di Palladio di cui aveva portato a termine le tante opere incompiute. L’esperienza del teatro Olimpico gli permise di realizzare, una decina di anni dopo dietro incarico di Vespasiano Gonzaga, il teatro di Sabbioneta. Era stato chiamato a Palmanova per progettare alcuni monumenti della città ideale eretta a partire dal 1593 su progetto di Giulio Savorgnan. A Venezia aveva costruito le procuratie nuove, a completamento della piazza San Marco. Nel 1615, un anno prima di morire, aveva pubblicato un testo a cui lavorava da più di vent’anni, L’idea dell’architettura universale, considerato l’ultimo trattato teorico di architettura del rinascimento, quando ormai le idee e il gusto del tempo volgevano verso il barocco.  Palladio aveva lasciato un modellino del teatro così come lo voleva, e molti disegni. Servirono a Scamozzi per portare a termine i lavori. Mancava qualche dettaglio e il seguace di Palladio fu costretto a improvvisare, a inventare. Sua è la soluzione prospettica delle strade che si aprono al di là della scena fissa, la frons scenae del teatro romano. Il teatro fu inaugurato il 3 marzo del 1585, sempre in occasione del carnevale. Per l’occasione si mise in scena un testo di Sofocle, l’Edipo re, considerato la massima espressione della tragedia classica. A Scamozzi si chiese di disegnare le scene che dovevano rappresentare «Tebe, città di Beotia e sede d’Impero», scene che ancor oggi si possono ammirare. La via regia è lunga dodici metri, ma il gioco prospettico predisposto da Scamozzi la fa sembra molto più lunga. Le scene prospettiche sono state realizzate in legno dipinto, le statue che adornano i palazzi tebani sono di stucco.

     La sala del teatro è preceduta dall’Odèo Olimpico, progettato da Scamozzi, e destinato, come nella Grecia antica, ai concerti musicali. Oggi è sede di riunioni e convegni. Sulle pareti finte nicchie dipinte da Francesco Maffei accolgono divinità olimpiche. In un angolo, un torso mutilo di Ercole, protettore dell’accademia, è retto da un piedistallo su cui si legge il motto dell’accademia: «hoc opus, hic labor est», tratto dall’Eneide e che si può liberamente tradurre «ogni opera richiede fatica».

     Oggi si accede alla sala del teatro attraverso le porte in basso, all’origine l’ingresso era collocato in alto, nelle logge che chiudono l’esedra e che sono collegate con i gradoni della cavea semicircolare.. Il soffitto della acvea, danneggiato da infiltrazioni d’acqua, fu demolito nel 1734 e sostituito con una copertura in tela che non poteva reggere a lungo. Dopo vent’anni si rece necessario un altro intervento, si dipinse ad affresco un finto cielo, rifatto nel 1914. Soluzione discutibile che vorrebbe offrire agli spettatori l’illusione di trovarsi in uno spazio all’aperto, come in un teatro antico. Il tetto del proscenio è a cassettoni, come l’aveva progettato Palladio La decorazione del teatro è affidata soprattutto a una serie di statue, distribuite tra l’esedra e la scena fissa, collocate all’interno di nicchie o sostenute da piedistalli. Quelle sul coronamento dell’esedra risalgono alla metà del settecento e sono state tutte modellate da Giacomo Cassette come postumo omaggio ai fondatori dell’istituto, con la posizione centrale accordata, com’era doveroso, a Palladio. Dell’epoca della costruzione del teatro, alla fine del cinquecento, sono le altre statue, quarantadue in totale, comprese quelle delle nicchie sul fondo dell’esedra. Quattordici conservano nome e cognome del socio accademico effigiato. Si avanzano molte ipotesi sui nomi degli scultori impegnati in questi ritratti, ma l’unico sicuro è Ruggero Bascapé che ha lasciato la firma in un riquadro.

     Pietra, legno, stucco sono i materiali di costruzione della fronte di scena fissa che, ispirata con i suoi tre varchi agli archi trionfali romani, fa parte dell’originario progetto di Palladio. Il passaggio centrale corrisponde alla porta regia dell’arco romano, i due laterali sono gli hospitalia, varchi destinati agli ospiti. La via regia lunga dodici metri, ma il gioco prospettico predisposto da Scamozzi, la fa sembrare più lunga. Le scene prospettiche sono state realizzate in legno dipinto, le statue che adornano i palazzi tebani zono in stucco. La rigorosa sovrapposizione di due ordini corinzi s’interrompe nelle più semplici versure ad angolo retto che saldano la frons scenae alle pareti divisorie tra proscenio e cavea. Il proscenio è un’area rettangolare lunga e stretta. Sull’arco centrale campeggiano due Vittorie e un riquadro scolpito con un ippodromo, affiancato da due stature della Fama, munite di tromba. Il finto attico superiore è diviso in riquadri con altorilievi che celebrano le imprese di Ercole, divinità protettrice dell’accademia vicentina. Le statue delle nicchie e quelle degli ordini superiori sono ritratti idealizzati dei soci dell’accademia. Gli anziani indossano la veste curiale, i più giovani sono abbigliati e armati da guerrieri. Di Scamozzi, abbiamo detto, sono le strade che si allontanano oltre il proscenio in vertiginosa prospettiva. Cinque strade pavimentate in legno (una in salita dall’arco centrale, due dai varchi degli hospitalia, due dalle versure) che l’illusionismo prospettico fa apparire molto più lunghe di quanto in realtà non siano. Le affiancano palazzi, templi, case di una città radiale che sembra configurare, in anticipo di qualche anno, l’utopia di Palmanova.

lunedì 14 gennaio 2013

18 gennaio 2013 Prima serata dell'anno Blablabla


Appuntamento ore 19.30 (per cominciare per le 20.00) venerdì 18 Gennaio 2013, a casa di Cochi e Anna,  per la serata dedicata a Platone.